di Elian Petrolisi
Questa settimana sarà decisiva. Martedì e mercoledì, la presidente del Consiglio parlerà alle Camere per spiegare cosa intende dire al Consiglio europeo di giovedì. Due temi domineranno la scena: il destino dell’Ucraina, che da oltre tre anni resiste all’invasione russa, e il progetto di una difesa comune europea, un’idea che Ursula von der Leyen sta spingendo con forza.
Non sarà una chiacchierata di routine: il Parlamento potrebbe dover votare su diverse mozioni – alcune dalla maggioranza, altre dall’opposizione – e questo potrebbe far emergere crepe profonde. Già a Bruxelles i partiti italiani si sono divisi su proposte simili.
Se accadesse anche a Roma, l’Italia rischierebbe di presentarsi in Europa con una voce debole e incerta.
Perché questi principi contano
L’Unione Europea non è solo un mercato o un insieme di regole economiche. È nata da un’idea: ci sono valori che non si possono barattare. Uno di questi è che nessuno Stato può marciare dentro i confini di un altro senza pagarne il prezzo. Quando la Russia ha invaso l’Ucraina il 24 febbraio 2022, ha calpestato proprio questo principio. Gli ucraini stanno lottando per la loro libertà, e l’Europa non può girarsi dall’altra parte senza tradire se stessa.
Chi esita a sostenere Kiev, in fondo, esita a difendere ciò che tiene unita l’Ue.
Ma c’è di più. Il mondo sta cambiando, e non in meglio per l’Europa. Gli Stati Uniti, sotto la guida di Donald Trump, sembrano sempre meno affidabili: hanno appena votato all’Onu contro una condanna all’aggressione russa, mettendosi dalla parte di Mosca e di regimi autoritari. È un segnale chiaro: l’ombrello della NATO potrebbe non proteggerci per sempre. Se gli Usa si tirano indietro, l’Europa deve imparare a stare in piedi da sola.
Altrimenti, come ha detto il politologo Francesco Sisci, rischiamo di diventare una specie di “Bielorussia del Mediterraneo”: un continente ricco ma vulnerabile, incapace di difendersi.
Non è una questione di soldi, ma di testa
Non mancano le risorse per farlo. L’Europa spende già oggi in difesa più di quanto faccia la Russia. Il problema? È un caos: 27 Paesi, 27 sistemi diversi, ognuno che va per conto suo. Intanto, ogni anno, fiumi di denaro europeo finiscono investiti altrove, in posti come India o Brasile. Quei fondi potrebbero essere usati per costruire una difesa comune, senza bisogno di tagliare scuola o ospedali.
Pensate alla pandemia: l’Ue ha creato il fondo Sure con obbligazioni condivise, aiutando chi aveva perso il lavoro. Perché non fare lo stesso per la sicurezza?
Ursula von der Leyen ha messo sul tavolo una proposta: un fondo chiamato Safe, con 150 miliardi di euro in prestiti per comprare droni, rafforzare la cybersecurity, produrre armi. Non solo: se i Paesi comprassero insieme, spenderebbero meno e darebbero una spinta alle aziende europee. Lo hanno dimostrato Repubblica Ceca e Danimarca, unendo le forze per armare l’Ucraina.
Ma 150 miliardi sono solo un primo passo. Per gli esperti della Commissione, servirebbe cinque volte tanto. I soldi ci sono, nascosti nei bilanci europei: basterebbe decidere di usarli.
Una scelta che non si può evitare
Se Meloni spingesse per un voto netto su questi temi, sarebbe un momento di verità. Il Partito Democratico dovrebbe smettere di oscillare tra belle parole e poca sostanza.
La maggioranza, con le sue anime diverse, dovrebbe decidere se credere davvero nell’Europa o no. Sostenere l’Ucraina e una difesa comune significa difendere i valori che rendono l’Ue quello che è: un progetto di pace, libertà e solidarietà. Dire di no, o restare nel limbo, significa lasciarli cadere. La premier ha la chance di mettere tutti con le spalle al muro. La domanda è: chi avrà il coraggio di dire cosa pensa davvero? E l’Italia, alla fine, saprà parlare con una voce sola?
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